[archeosatira – i corsivi di Fortebraccio] Mario Melloni su L’Unità, 1974
[…] Ieri il Corriere della Sera dava notizia di un nuovo capitombolo del gruppo Sindona: è stata venduta la Banca Generale di Credito, acquistata da un altro gruppo, alla testa del quale “figura – così scriveva il quotidiano milanese – Mario Genghini, grosso imprenditore edile di Roma, che da tempo sta compiendo varie incursioni nel mondo bancario e borsistico in accoppiata col suo consulente commerciale professore Stelio Valentino, genero del segretario della DC Fanfani.” Ora noi, lo diciamo sinceramente, crediamo alla correttezza personale del senatore Fanfani, e non abbiamo ragione di dubitare che le “operazioni bancarie e borsistiche” del suo genero Valentini, condotte “in accoppiata” con un grosso impresario edile che si è evidentemente messo a fare anche lo speculatore, siano, secondo le regole del gioco, ineccepibili. D’accordo. Ma il segretario della DC ci permetterà di dire che questa non è una bella notizia. Una volta, quando tutti eravamo più raffinati, avremmo detto che non è, nella migliore delle ipotesi, una notizia elegante. Ce ne saremmo scandalizzati e noi, che per certi versi non siamo riusciti ad aggiornarci, ce ne scandalizziamo ancora.
Non c’è dubbio. Il segretario del più grande partito nazionale, che controlla tutto: banche, giornali, indistrie, commerci, traffici e ogni altra cosa dove, lampantemente o oscuramente, si annida il potere, non può avere un parente strettissimo che gioca gioca in Borsa. Ci dispiace, ma proprio non può e non deve. Il senatore Fanfani mandi suo genero a prendere lezioni di scacchi, ma poi lo faccia giocare gratis, o a cercare funghi, ma da regalare, poi, al ricovero del paese. […]
ecco cosa manca oggi ai molti di noi, che pure per molti versi non riescono ad aggiornarsi: l’eleganza