revisionismo in salsa tricolore
l’11 settembre 1973, a Santiago del Cile, un golpe militare rovesciava il governo di “unidad popular” del presidente socialista Salvador Allende; moriva quel giorno, insieme al suo simbolo, un governo di sinistra, con un programma di nazionalizzazione delle risorse (all’epoca tutte in mano alle aziende USA) democraticamente eletto dal popolo cileno e nasceva una dittatura sanguinaria che avrebbe provocato 30000 desaparecidos, quasi il doppio cadaveri e un numero non calcolato di persone torturate e di profughi
gli USA, che di revisionismo vero, quello della verità che viene a galla, se ne intendono, hanno recentemente declassificato i documenti segreti di quel periodo e pubblicamente ammesso che, dopo aver condizionato attraverso la Cia tutte le elezioni (democratiche?) in Cile fin dal 1958, e non essendoci riusciti in quelle del 1970, fomentarono quando non crearono le cause di disagio per la popolazione che prepararono il terreno al golpe e organizzarono il golpe medesimo insieme a Pinochet, per difendere gli interessi economici delle multinazionali statunitensi, non solo, ma che il golpe cileno fu solo la prova generale della strategia Usa per tutto il continente latinoamericano, dando luogo alle feroci e sanguinarie dittature che tutti ricordiamo (per saperne di più)
non è dificile poi supporre che, una volte creati questi mostri, fosse nell’interesse statunitense anche sostenerli economicamente affinchè durassero nel tempo, e che i risultati economici positivi dei quali certe dittature possono a volte fregiarsi, vantati fino a renderli giustificazione alla dittatura e ai suoi orrori, siano in realtà drogati da tali aiuti
il Tg2 di ieri sera (se ve lo siete perso, potete risentirlo qui) ha aperto con una “copertina” a firma Mario Cervi, che si trovava in Cile durante il golpe, il quale riesce in pochi minuti a citare il “degrado” della situazione cilena, portando ad esempio la carenza di pane e i tumulti di piazza conseguenti, a sprecare solo due parole, “connotazione sanguinaria”, per la dittatura, chiudendo col rifuito della “riabilitazione delle idee, dei programmi, delle utopie” del governo di unidad popular
non una parola sul complotto Cia, oggi a conoscenza di chiunque voglia sapere, non una parola sul fatto che il governo era legittimamente eletto, contrariamente a quelli che lo avevano preceduto e a quello che lo sostituì, e invece una condanna di “idee”, “programmi” e “utopie” che, per quanto magari economicamente inefficaci anche in assenza di manipolazioni malevole, non erano però nè totalitari, nè illiberali
e da persone come queste dovremmo farci dare lezioni su cosa sia o non sia un regime, se la nostra democrazia corra o no dei rischi, se il nostro presidente del consiglio sia o no “estraneo alla democrazia“?