vacanza

vado in vacanza (quest’anno castelli e fantasmi in Scozia)
lascio alla riflessione dei viandanti l’articolo di Michele Serra su Repubblica di oggi

LE PROMESSE MANTENUTE
MICHELE SERRA

ZAPATERO ha prosciugato il proverbiale mare che separa il dire e il fare, come se il potere esecutivo fosse effettivamente potere ed effettivamente esecutivo, come se la politica servisse davvero a cambiare la società e/o essere cambiata dalla società.
In un´osmosi dinamica, traumatica ma anche creativa (creativa in quanto traumatica…).
Vista dall´Italia, la turbolenta e febbrile mutazione della Spagna socialista, prima ancora di far discutere nel merito, stupisce e quasi sbalordisce nel metodo: in poco più di un anno un programma di governo si incarna in leggi dello Stato, la propaganda cessa di essere una volatile nube di promesse e diventa un patto mantenuto, la politica torna a contare come artefice massimo del mutamento e non solamente come prudente e pallido patteggiatore nella rissa continua tra interessi e valori difformi. E soprattutto, c´è una consequenzialità diretta e implacabile tra parole e fatti, giusti o sbagliati che siano: non una delle innovazioni nel diritto di famiglia introdotte da Zapatero differisce dal suo programma elettorale, e non uno dei punti del suo programma elettorale è stato dimenticato per opportunismo o convenienza. Le parole tornano a essere fatti.
Maggioranza e opposizione, in Italia, sono in gran parte divise nel giudizio sulle riforme spagnole, fondate sull´accentuazione della laicità dello Stato (e della scuola pubblica!), sull´estensione di alcuni diritti, tradizionale patrimonio di una maggioranza socialmente conforme, anche ai cittadini omosessuali, e soprattutto sulla forte valorizzazione del ruolo delle donne (cioè di metà della cittadinanza). Ma entrambe, maggioranza e opposizione italiane, hanno di che riflettere: gran parte dei loro sforzi e della loro adrenalina politica è stata spesa, in questa legislatura, per discutere di assetti interni, di leadership, di candidature, in un viluppo autoriferito e oramai quasi castale che conferma, in un´opinione pubblica già smagata e depressa, l´idea di una politica semi-privatizzata dai politici, incapace di comunicare con il suo stesso elettorato, e forse essa per prima incredula di essere in grado di incidere seriamente nella vita pubblica e nel costume sociale. La parola “riformismo” (e quel suo ante-litteram vagamente minaccioso che fu il “decisionismo”) non per caso, in Italia, è diventato più uno scongiuro che una speranza, e se la premura quasi ossessiva di tutti o quasi è diventata autodefinirsi riformista (come se la democrazia non dovesse essere, per definizione, riforma continua), viene da pensare alla tipica excusatio non petita: un´affermazione virtuosa che denuncia l´inconfessato senso di colpa collettivo per la stagnazione civile, economica e culturale del Paese.
Come variante perfino meno amabile del “decisionismo” del suo antico sodale Bettino Craxi, Berlusconi può pur vantare qualche sensibile “riforma”: ma su quasi ogni atto del suo governo pesa come un macigno l´ombra dell´interesse privato e perfino di una rancorosa vendetta sulla magistratura, al punto da declassare al basso rango del puntiglio personale la massima parte delle leggi fin qui approvate. Non era questo, forse, che si aspettava l´elettorato liberale del centrodestra, probabilmente convinto di poter godere, sia pure con qualche lustro di ritardo, di una coda nostrana della destatalizzazione reaganiana e thatcheriana. La rivoluzione fiscale, per fare l´esempio più eclatante, è stata messa in coda, molto in coda a ben altre urgenze e regolamenti di conti, per non dire della grandeur infrastrutturale (ponti e autostrade a gogò) fin qui abortite in grottesche pose di prime pietre in desolata attesa di una seconda.
Ma forse anche peggio sta l´opposizione, che a causa dell´emergenza anti-berlusconiana, unita a una spiccata – e precedente – afasia progettuale, ha speso tutto o quasi il suo fiato in battaglie anche nobili ma strutturalmente conservatrici, sempre difendendo principi pregressi (non ultimi i principi costituzionali) e mai proponendo princìpi nuovi, proposte in grado di sedurre settori di opinione pubblica e di svecchiare l´immagine azzimata e perbenista di tanto notabilato di sinistra, parole d´ordine che avessero il profumo della novità e del cambiamento. Così che mentre Zapatero porta fino all´estremo limite della liberalità i diritti degli omosessuali, adozione compresa, da noi il centrosinistra, alle prese con un governo quasi neoguelfo in materia di etica pubblica, si è quasi sfasciato sotto l´urto del referendum liberale sulla procreazione assistita, sembra come ipnotizzato dall´onda papista nata attorno al feretro di Giovanni Paolo II, e non risulta abbia inserito almeno i patti di unione civile (che sono meno del matrimonio) tra i punti fermi del proprio (ancora ignoto) programma elettorale. Tanto che, con un amaro paradosso, possiamo dire che la sola grande accelerazione degli iter e delle intenzioni politiche alla quale abbiamo assistito in tempi recenti, in Italia, sono i cori di “santo subito” intonati dalla folla davanti a San Pietro. In mancanza di altri riformismi, valga quello per la canonizzazione express.
Per questo, qui da noi, si parla molto di Zapatero, e quando non si può ricorrere all´animosità anti-libertaria, lo si fa con malcelata invidia. Avere in una penisola a noi prossima, e con cultura e storia non troppo dissimili (una dittatura fascista, radici cattoliche, democrazie piuttosto giovani), un esempio così imbarazzante di operatività politica, di fatti che seguono alle parole, fa spiccare ancora più drammaticamente la mancanza di coraggio e di fantasia della nostra politica, e tanto più quella dell´opposizione che ha in Zapatero l´imbarazzante esempio di come si possa, a elezioni vinte, non solo governare (che è già tanto) ma addirittura cambiare un paese ed estendere le libertà civili: che sarebbe, almeno a leggere le credenziali, una delle ragioni sociali della sinistra.

piccoli omicidi

era il 1971, ed usciva un piccolo (surreale, sembrava) film per la regia di Alan Arkin, nel quale gli abitanti di New York, gente “normale”, barricata nelle proprie case, sparava sui passanti

beh: ci sono voluti solo 35 anni, un’inezia in realtÃ�, perchÃ� capitasse davvero, e non a New York, ma a Novara, Italia, provincia profonda, piccola cittÃ� a “dimensione umana”, si diceva una volta…

un paés de merda

«con la conferma della legge 40 l´Italia diventa l´unica nazione al mondo dov´è proibita la ricerca sulle cellule staminali, a parte un pugno di nazioni dove vige la legge coranica e il Costarica» (Curzio Maltese, Repubblica)

il titolo è copiato pari pari dal film I Compagni, Mario Monicelli (1963): un titubante e incerto Mastroianni, appena sceso dal treno sul quale ha viaggiato come clandestino, chede “scusi… che paese è questo?” a Folco Lulli, incazzatissimo operaio in sciopero alle prese coi “crumiri”, ricevendone la lapidaria risposta, troppo spesso purtroppo adatta all’Italia

pilati

oggi mi gira cosi’: lavarmene le mani di questo paese di pilati

e che nessuno provi a dirmi che non sono stati solo pigrizia mentale e bolso disinteresse per i drammi di una minoranza a tener la gente lontana dai seggi: il papa non faceva paura nel ’74 alle bravi madri casalinghe e cattoliche minacciate dal pulpito di abbandono da parte dei mariti col divorzio, figuramoci oggi

procreazione, assistita e non, e conseguentemente aborto non sono piu’ all’ordine del giorno per me, per cui io… me ne fotto

almeno per oggi, e magari anche per domani

ci siamo

4 volte sì

si vota oggi fino alle 22:00 e domani fino alle 15:00

andare a votare presto, questa mattina, scalda il cuore e anche il quorum 🙂

consapevoli?

il buon vecchio Pierferdy: “gli astensionisti consapevoli non sono cittadini di serie B”

sul come si debbano distinguere astensionisti consapevoli da quelli inconsapevoli (e chissà che vorrà dire, ma se esistono i primi ci saranno anche i secondi), dagli indifferenti, da chi è lontano per lavoro e non può rientrare, e poi dai malati gravi, dai moribondi e pure dagli sfigatissimi defunti [una prece] dell’ultima ora, non è dato sapere

coerenza

“I vescovi della Cei sono riuniti a Roma per decidere sui referendum sull’aborto… E’ necessario ricordare che questa riunione, in quanto tale, equivale alla denuncia unilaterale del Concordato, essendo l’ennesima ingerenza della gerarchia vaticana sugli appuntamenti politici e istituzionali del Paese” (Francesco Rutelli, segretario del Partito radicale, Ansa, 17 marzo 1981). (Carta Canta di Marco Travaglio – Repubblica.it)

non siate maliziosi: mica son questioni di bassa convenienza politica… magari di alta…